Biocarburanti da batteri e funghi

Il biocarburante ottenuto grazie all’Escherichia Coli

Batteri e funghi collaborano per produrre un sostituto della benzina efficiente e non inquinante.

Fonte: Zeus News

16 settembre 2013. Com’è ormai noto, i biocarburanti risolvono alcuni problemi ma ne creano altri, a partire dalla concorrenza che creano tra l’utilizzo di certi vegetali per l’alimentazione o per la produzione di etanolo.

Un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ha però ideato un sistema che permette di produrre un biocarburante migliore dell’etanolo e senza intaccare i cereali a uso alimentare.

Utilizzando un fungo – il Trichoderma reesei – e un batterio – il ben noto Escherichia Coli – gli scienziati sono riusciti a produrre dell’isobutanolo, un sostituto più efficiente dell’etanolo in grado di offrire l’82% del potere calorifico della benzina.

Inoltre, mentre l’etanolo viene generalmente adoperato come additivo alla benzina, l’isobutanolo potrebbe sostituirla in toto e, a differenza dell’etanolo, senza rovinare i motori o corrodere i tubi.

La professoressa Xiaoxia Lin, a capo del progetto, ha ideato il sistema che adopera il fungo per produrre zuccheri dalle piante, e un ceppo di Escherichia Coli geneticamente modificato per convertire questi zuccheri in isobutanolo.

In tal modo si riescono a produrre 1,88 grammi di isobutanolo per ogni litro di fluido, ossia un quantità record rispetto a tutti gli altri sistemi attuali.

La tecnica della professoressa Lin presenta altri vantaggi, tra cui il fatto che viene applicata agli scarti del mais – gambi e foglie – e quindi non entra crea alcun problema all’utilizzo del mais stesso come cibo.

Jeremy Mint, primo autore dello studio relativo a questa scoperta e che sarà pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, afferma: «Gli Stati Uniti hanno il potenziale per produrre in modo sostenibile un miliardo di tonnellate o anche più di biomassa ogni anno, il che è abbastanza per produrre biocarburanti che ci permetteranno di fare a meno di almeno il 30% dell’attuale produzione di petrolio».

Lo stesso metodo adoperato per la produzione dell’isobutanolo – afferma la professoressa Lin – può essere applicato anche alla produzione di plastica e per eliminare i vegetali di scarto, modificando in maniera differente i batteri; inoltre, dato che tutti gli “ingredienti” vengono immessi in un unico contenitore, l’infrastruttura necessaria è relativamente semplice e i costi risultano contenuti.

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